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martedì 11 settembre 2012

Una gita all'Ikea



 


Tema
"Descrivi la tua gita all’Ikea"


Svolgimento

Ieri la maestra ci ha portati tutti alle rovine di Padova, dove sorge uno dei centri Ikea meglio conservati di tutta Europa. Dopo un breve viaggio siamo arrivati alla zona archeologica, e poi abbiamo continuato a piedi.
La maestra ci ha detto che l’ampio spiazzo serviva a parcheggiare le automobili, dei carri chiusi che si credeva fossero in grado di muoversi da soli. Per terra sono rimasti ancora dei pezzi dell’antica pavimentazione in asfalto.
C’era anche una guida, che ci ha spiegato che il centro Ikea serviva per comprare cose come mobili, piatti, e tende. Era come uno dei nostri negozi, ma molto, molto più grande. Nel corso degli anni il tetto è crollato, e anche il muro a ovest prima è caduto, e poi è stato portato via. Sembra che ne abbiano riutilizzato i materiali per costruire piccole case nella campagna, dopo la caduta di Padova.
Anche i muri rimasti sono comunque grandissimi, e a starci sotto ci si sente minuscoli in confronto. La maestra ci ha detto che una volta tutto l’edificio era dipinto di giallo e blu: dev’esser stato davvero bellissimo.
Non si sa perchè il centro Ikea sia stato così grande; anche in quell’era c’erano altri negozi che vendevano le stesse cose, molto più piccoli, eppur funzionanti lo stesso. Sembra che andare all’Ikea sia stato una sorta di rituale, come una festa per le famiglie. Alcuni studiosi di storia dicono che era una sorta di tempio religioso commerciale, ma non tutti sono d’accordo.
Le mura sono grandissime, però dentro è tutto vuoto;  ma il bello è il museo lì vicino, dove sono conservati tutti i reperti ritrovati dagli scavi archeologici.
Purtroppo le stoffe e le cose in legno non si sono conservate, ma i vetri, i cocci e le plastiche erano bellissimi. A differenza dei nostri piatti, che sono semplici e bianchi, loro avevano tantissimi colori e disegni da cui scegliere. Probabilmente per ogni tipo di cibo c’era un piatto apposta: erano davvero raffinati.
Ci sono tanti oggetti di cui gli studiosi devono ancora comprendere a cosa servissero. Molti hanno una specie di coda che termina con due denti: serviva per l’elettricità. E’ una forza che fa muovere gli oggetti, così che lavorino da soli, al posto degli uomini; ma la maestra ha detto che è solo un’antica credenza, una superstizione.
Dev’essere bello che le cose facciano fatica al posto tuo; però avrei anche un po’ paura.
Dopo la visita la maestra ci ha fatto giocare sull’autostrada. Era una strada molto grande, e lunghissima, anche più di cento chilometri.
Anche lì c’era l’asfalto, e abbiamo giocato a farci rimbalzare i sassi.
Vedendo le loro opere grandiose, non si capisce come abbiano fatto a  finire così. La guida ha detto che loro civiltà non è finita di colpo, per guerre o catastrofi, ma si è semplicemente spenta nel corso degli anni, gradualmente. Come se fossero stati stufi!
Ma io non capisco come si fa a stufarsi di tutte quelle cose belle, colorate e disegnate.
Vorrei tanto esser nato anch’io nei primi anni del ventunesimo secolo. Dev’esser stato bellissimo: tutti erano ricchi, e nessuno faceva fatica.

venerdì 7 settembre 2012

LIFE-IN-DEATH

Her skin was as white as leprosy,
The Nightmare Life-in-Death was she,
Who thicks man’s blood with cold.

giovedì 6 settembre 2012

Il labirinto invisibile


Come mai il fulmine non corre in linea retta, nella sua corsa fra cielo e terra?
Quali ostacoli, a noi invisibili, deve aggirare? Chi è stato a tracciare i contorti sentieri che egli è costretto a seguire?
La linea piegata e ripiegata del fulmine ricorda il corso d’un fiume visto dall’alto. E’ la forma delle valli a dettare il corso d’un fiume, e le sue anse sono deviazioni di fronte a rocce e montagne.
Forse anche il fulmine incontra valli e montagne nell’aria, a noi impercettibili, eppur tangibili al punto tale da riuscire a deviare la sua impetuosa forza! Che misteri ci nasconde la geografia dell’aria? Forse lo sa la mosca, che vola in traiettorie strane ed annodate. Se le guardiamo ci paiono insensate, ma forse gli occhi della mosca conoscono nell’aria strade di cui la vista per noi resta preclusa.

Mulino di preghiera

La valle era stretta, e la città era incastonata sul fianco della montagna, proprio a ridosso di una ripida balza che si ergeva minacciosa sopra i tetti delle case, correndo quasi in verticale fino alle cime lontane.
Le vie che solcavano il paese erano strette e mal illuminate; si sentiva in lontananza il rumore di un fiume, una corsa impetuosa che riempiva l’aria di umidità. Ora che era scesa la notte, pareva quasi di essere all’interno d’una gigantesca grotta.
Arrivai alla piazza attirato dalla luce dei fari, sperando di trovare un locale aperto, o anche solo di incontrare qualcuno per strada; ma trovai soltanto una superficie deserta, e l’immensa cattedrale, silenziosa ed illuminata a giorno dalle spietate luci elettriche dei riflettori.
La facciata era in stile gotico, slanciata e leggera nonostante fosse realizzata con le scure rocce grigie della valle. I fari che la bombardavano dal basso verso l’alto contribuivano a renderla ancora più verticale, come se quella fosse stata l’unica dimensione degna di nota.
Fra i contrafforti laterali prendevano lo slancio due enormi torri, che incorniciavano simmetricamente la chiesa, come se ne fossero stati i guardiani. Non si trattava però di campanili, ma di due altissime ciminiere.
Sbuffavano fumo incessantemente e copiosamente. La luce sfiorava il fumo rendendolo concreto, come una panna montata grigia, scura e pesante sospesa nel cielo, in qualche modo precario ed insicuro.
Guardai il rosone della chiesa: era un’enorme ruota dentata, che girava in senso antiorario, muovendo in senso opposto un’altra ruota al suo interno.
La porta della cattedrale era socchiusa, e lasciava trapelare una tiepida luce rossa, ed un mormorio confuso, che continuò imperterrito anche quando entrai.
All’interno non c’erano nè banchi, nè statue, nè altari. Al centro campeggiavano soltanto le possenti colonne portanti della struttura. Le pareti invece erano gremite di persone, inginocchiate ed in preghiera. Ce n’erano tantissimi, uomini e donne di ogni età, accatastati l’uno di fianco all’altro.
Provai a parlare con uno di loro, ma continuò a pregare come se non mi avesse nemmeno sentito. Provai con un altro, ed un altro ancora, provai anche a scuoterli e a colpirli, ma non ottenni nessuna reazione. Pregavano senza interrompersi, come in una sorta di trance.
Sgranavano con le mani una sorta di rosario; ma a ben guardare da ognuno di quei rosari pendeva un cavo, una sorta di filo elettrico. Tutti quei fili correvano sul pavimento, e ogni tanto si allacciavano fra loro, per poi confluire in tubazioni di plastica. Alcuni di questi tubi sparivano sul pavimento, altri raggiungevano le colonne, per poi risalirle. Si capiva che i cavi ed i tubi non erano disposti a caso; nel complesso davano l’impressione di un enorme circuito elettrico.
Le preghiere di quella gente erano la forza primaria di un enorme processo industriale e religioso! Una forza trasformativa immensa e potentissima.
Senza dubbio le preghiere erano collegate con le caldaie che alimentavano le ciminiere. Ma qual era la materia prima, su cosa si applicava quella misteriosa lavorazione?
Non feci domande, tanto non mi avrebbe risposto nessuno. Tornai fuori, nella notte, lontano dalle luci elettriche.
Cercai di arrivare a quel fiume impetuoso, di cui prima avevo sentito soltanto il rumore, ma non riuscii a trovarlo; forse quel ruggito non proveniva da un corso d’acqua, ma era soltanto l’eco delle preghiere.

martedì 4 settembre 2012

Tempo, vento e convinzioni


Il decorso di un rovesciamento
La corrosiva corrente del tempo non conosce sosta: prima intacca, poi rovina, infine ribalta. Non c'è cosa che gli sfugga, nemmeno quelle più solide ed apparentemente eterne; neppure le idee!
Siamo talmente ancorati alle nostre convinzioni da ritenerle immutabili; ma la loro durata di vita in genere non supera un paio di secoli. In casi molto rari raggiungono età millenarie, ma non per questo la loro durata è illimitata.

Il processo con cui le convinzioni vacillano ed affondano è straordinariamente costante; possiamo articolarne le fasi come segue.

1. L'idea è condivisa da chiunque. E' talmente ben stabilita da non sembrare nemmeno un'idea: è piuttosto un fatto, un aspetto evidente della realtà. Nessuno è contrario all'idea, nessuno nemmeno concepisce la possibilità di pensare diversamente. Pensare contrariamente sarebbe un palese errore, un'assurdità insensata, come potrebbe esserlo negare la forza di gravità.

2. L'idea comincia ad incrinarsi appena, ma rimane comunque forte e diffusissima. Alcuni individui cominciano ad osteggiarla: sono persone più intelligenti della media, o forse soltanto più sensibili.
Queste prime sentinelle del ribaltamento rimangono invariabilmente isolate, e la loro voce rimane inascoltata.
La maggioranza rimane attaccata alla consuetudine, e si difende dal cambiamento, che teme come traumatico e disastroso. Reagiscono anche aggressivamente, ma mancando il segno: di fatto non contrastano il cambiamento, ma si accaniscono soltanto contro i profeti che lo annunciano.

3. La fine dell'idea comincia ad intravedersi. Dapprima pochi, poi sempre più persone, iniziano a seguire le dottrine eretiche, cristallizzandosi attorno alle posizioni di quelli che furono i primi annunciatori del ribaltamento.
Come se fosse all'opera una forza magnetica, più gente aderisce alla nuova idea, e sempre più altre persone vengono attirate nella loro orbita.

4. La popolazione è spaccata in due: una parte vuole frenare il cambiamento, sostenendo che è un errore, l'inizio della fine; l'altra invece acclama a gran voce la venuta del nuovo, per sostituire il vecchio ormai da gettar via.

5. Ormai quella che fu l'idea imperante è divenuta l'opinione della minoranza. Gli stessi che un tempo avversavano il cambiamento, ora si ergono a paladini della nuova idea, forti dell'appoggio della maggior parte della gente, fustigando senza pietà chi comunque la pensa ancora alla vecchia maniera.

6. La nuova idea è condivisa da chiunque, e nessuno più la pensa alla vecchia maniera: non avrebbe nemmeno senso, sarebbe un palese errore. Alla fine, siamo tornati al punto 1, solo in maniera simmetrica.


Topografia della morale

Assegnare al cambiamento le etichette di "bene" o "male" è un giudizio legato al tempo ed al proprio schieramento in un dato momento in uno dei due lati del ribaltamento.
"Bene" è la propria idea di appartenenza, "male" quella degli altri.
Nella visione d'insieme, "bene" è l'idea di maggioranza.


Alcuni esempi
A. La schiavitù è passata da un idea accettata ad un male da condannare. E' facile oggi riconoscere che la schiavitù non è un bene: è facile, perché ormai tutti la pensano così.
Ma quando invece era un sistema stabilito e riconosciuto da tutti, ben pochi la trattavano come se fosse una cosa maligna ed inumana!

B. Nei tempi passati l'omosessualità è stata osteggiata e ripudiata dalla società; ora invece viene sempre più riconosciuta ed accettata, ed al contrario si osteggiano atteggiamenti omofobi o di semplice chiusura.
Viene spontaneo dire che questo processo è un bene, un bel segnale di progresso e di civiltà.
Ma se voi sareste nati e cresciuti cent'anni fa, vedere lo stato attuale probabilmente vi avrebbe fatto rizzare i capelli dallo sconcerto!
Lo stesso succederebbe senz'altro se vi capitasse di venir catapultati di cent'anni nel futuro.
Fate attenzione: di solito si ritiene che i cambiamenti che hanno portato fino allo stato corrente siano il "progresso"; ma eventuali altri cambiamenti che conducono al futuro vengono interpretati come "degenerazione".
Il cambiamento non è una scala che porta sempre più vicina al bene, ma puro e semplice mutamento. Siamo noi che, con un punto di vista limitato e incentrato su noi stessi, siamo convinti di essere il culmine del progresso, il punto più alto di una scala ascendente che porta fino a qui.
Lo stesso vale anche nei confronti delle altre culture: quelle più rigide della nostra ci appaiono come arretrate ed eccessivamente ristrette; ma non per questo quelle più disinibite ci sembrano più avanzate!
Al contrario, ci sembrano troppo lascive, immorali.
In maniera egoista, la pietra di paragone siamo noi stessi; noi siamo automaticamente nel giusto, e tutto ciò che si discosta è sbagliato per un motivo o per l'altro.

C. Rispetto all'anno mille, il potere della Chiesa Cattolica è andato progressivamente scemando, con una particolare accelerazione negli ultimi cinquant'anni. Di conseguenza, sempre più voci si levano contro la Chiesa.
Non è la loro opinione contraria ad indebolire la Chiesa, ma è l'indebolimento della Chiesa a permettere e richiamare la protesta.
Non sono predatori che attaccano una preda, ma avvoltoi che sentono il puzzolente richiamo di un cadavere.
E' facile, troppo facile unirsi adesso al carrozzone dei ribelli dell'ultima ora, quando ormai si è già raggiunta la quinta fase!
Il termine "ribelle" è qui usurpato: spetterebbe piuttosto alla persona che avesse avuto la forza ed il coraggio di ribellarsi alla Chiesa nell'anno mille.


Significato della suscettibilità
E' degno di nota che già il solo fatto di considerare come relativo il valore di un idea consolidata possa sembrare un attacco contro la stessa.
Gli esempi non sono scelti a caso, ma rappresentano alcune delle idee su cui la popolazione è più sensibile, dato che il loro insediamento è ancora in fase di assestamento.
Sono certo che i più sensibili, leggendo questi pochi esempi, avranno letto fra le righe le infamanti colpe di razzismo, omofobia o bigotteria. Accuse dello stesso tipo si potrebbero collezionare se si sfiorasse in modo simile argomenti come il femminismo, o la libertà d'espressione, o i diritti umani.
Il vero senso di questa reazione è da ricercarsi in una necessità dell'animo umano di professare la propria idea, al fine di ricercare tramite l'ostentazione quella sicurezza intima che lo spirito ancora non ha raggiunto.
Non è superfluo ripetere che in questa sede non si esprime un'opinione, ma al limite una meta-opinione, un opinione sulle opinioni stesse. Vale la pena ripeterlo: ogni opinione è per definizione basata su un punto di vista personale, e quest'ultima è pesantemente influenzata dalle correnti di pensiero dominanti in un dato luogo e periodo.


Rapporti fra realtà materiale e simbolo
E' davvero il tempo a far cedere un'idea, lasciando spazio al cambiamento? O è il cambiamento a sostituire la vecchia idea, segnando col suo corso il fluire del tempo?
E' una domanda senza senso. I cambiamenti materiali sono lo strumento con cui avvengono i cambiamenti dell'idea; ma se l'idea non fosse pronta per cambiare, non ci sarebbero strumenti materiali di sorta in grado di scardinarla!


L'utilità del male
Nella quinta fase la fine dell'idea è ormai prossima e certa, ma c'è ancora qualcuno che si ostina a rimanerle fedele.
Gli esempi sono rari, ma ben noti: le ultime guardie che rimangono al servizio del re anche dopo che è stato condannato a morte, oppure coloro che continuano a pregare gli dèi dei padri anche quando tutti si sono convertiti alla nuova religione.
Il loro è un esempio di coerenza o soltanto ottuso immobilismo? Rimangono convinti della propria idea, o è solo paura di accettare il cambiamento?
La maggioranza li odia, perché sono la testimonianza vivente del passato che ora tutti hanno rinnegato, ma che un tempo abbracciavano ciecamente; ed anche l'idea dominante, che ora è salda e sicura, un tempo è stata la follia di una minoranza di reietti, come lo sono ora loro.
E proprio qui sta il loro valore: un monito evidente che le opinioni umane si piegano docilmente ed inconsapevolmente, assecondando di volta in volta la direzione del vento del tempo.
Anche quelle che ci sono più care; anzi, forse soprattutto quelle.